L’attuale piano di politica industriale del Paese (Piano Nazionale Transizione 4.0) incentiva la trasformazione tecnologica e digitale delle imprese e la conversione dei processi produttivi verso il paradigma dell’industria 4.0, riconoscendo un credito d’imposta nel caso di investimenti in beni materiali o immateriali 4.0.

Per conoscere le novità del nuovo Piano Transizione 5.0, leggi qui.

La realizzazione di un investimento in tecnologie 4.0, definisce un duplice vantaggio per le imprese. Da un lato, l’opportunità di adeguare il grado di innovazione tecnologica dei processi produttivi alle tendenze del mercato (con conseguente aumento della capacità competitiva) e dell’altro, la possibilità di abbattere l’impegno economico derivante dall’investimento, grazie alla possibilità di recuperare parte dell’investimento realizzato attraverso la compensazione del credito d’imposta.

Ricapitoliamo qui sinteticamente le aliquote del credito d’imposta previsto per i beni materiali e immateriali 4.0.

Beni materiali (Allegato A annesso alla Legge 11 dicembre 2016, n. 232)

Investimento in beni materiali nuovi realizzato nel 2024:

  • credito d’imposta pari al 20% del costo per investimenti fino a 2,5 milioni di euro;
  • credito d’imposta pari al 10% del costo per investimenti superiori a 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro;
  • credito d’imposta pari al 5% del costo per investimenti superiori a 10 milioni di euro e fino al limite massimo pari a 20 milioni di euro.

La dicitura in fattura

Beni immateriali (Allegato B annesso alla legge 11 dicembre 2016, n. 232)

Il credito d’imposta per i beni immateriali 4.0 previsto per il 2024 è pari al 15%. L’aliquota del 20%, prevista per gli investimenti effettuati nel 2023, resta applicabile agli investimenti “prenotati” entro il 31 dicembre 2023 ed effettuati entro il 30 giugno 2024.

Per poter utilizzare in compensazione nel modello F24 il credito a cui si ha diritto, è necessario rispettare una serie di obblighi.

In questo articolo troverai tutte le informazioni utili per adempiere agli obblighi imposti dalla normativa e che riguardano i documenti contabili attestanti la realizzazione dell’investimento.

Dicitura in fattura

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Fattura e DDT

Le imprese che si avvalgono del credito d’imposta sono tenute a conservare, pena la revoca del beneficio, tutta la documentazione idonea a dimostrare l’effettivo sostenimento e la corretta determinazione dei costi agevolabili.

Per evitare di incorrere nell’ipotesi di revoca del beneficio, è bene sapere che le fatture e gli altri documenti relativi all’acquisizione dei beni agevolati devono contenere l’espresso riferimento alle disposizioni normative che regolano il beneficio fiscale a cui si intende accedere.

Con la Risposta n. 270/2022, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che è necessario che anche sui documenti di trasporto sia riportato l’apposito riferimento.

A tal proposito va considerato che con la risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-01787 del MEF, tale interpretazione dell’Agenzia delle entrate è stata considerata “forzata ed eccessivamente estensiva”, dal momento che i documenti di trasporto sono citati nelle fatture, a loro volta contenenti il riferimento legislativo.

Pertanto, il MEF, sentita l’Agenzia delle entrate, ha chiarito che, in un’ottica di semplificazione, la disposizione in esame potrà considerarsi formalmente rispettata nei casi in cui la fattura, che contenga regolarmente l’espresso riferimento alle disposizioni normative applicabili, richiami chiaramente e univocamente il documento di trasporto nel quale è stata omessa l’indicazione della norma agevolativa.

La dicitura in fattura o “dicitura 4.0”

I documenti relativi agli investimenti effettuati devono riportare l’espresso richiamo alla disposizione di riferimento utilizzando, a titolo esemplificativo, la seguente dicitura:

“Acquisto per il quale è riconosciuto il credito d’imposta ex art. 1, commi da 1051 a 1063, Legge n. 178/2020”

Cosa succede nel caso in cui tali documenti siano sprovvisti, al momento dell’emissione, di tale dicitura?

È possibile regolarizzare i documenti?

Nel caso in cui i documenti siano stati emessi senza la dicitura, è possibile integrarli, ma solo prima di eventuali attività di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria.

A chiarire ogni dubbio interviene ancora una volta l’Agenzia delle Entrate con la Risposta n. 438, la quale chiarisce le modalità per sanare l’inadempimento.

Per le fatture emesse in formato cartaceo, sia di acconto che di saldo, la dicitura deve essere apposta con scrittura indelebile, anche mediante l’utilizzo di un apposito timbro.

Nel caso di fatture elettroniche, il beneficiario dell’agevolazione può regolarizzare la documentazione in due modi alternativi:

  • stampare il documento di spesa apponendo la predetta scritta in maniera indelebile
  • realizzare un’integrazione elettronica da unire all’originale

In tutti quei casi in cui vi è una fattura elettronica veicolata tramite SdI, a fronte dell’immodificabilità della stessa, il cessionario/committente può, senza procedere alla sua materializzazione analogica, predisporre un altro documento da allegare al file della fattura in questione, contenente sia i dati necessari per l’integrazione sia gli estremi della fattura stessa e inviare tale documento allo SdI.

Il verbale di collaudo e interconnessione

La questione della dicitura si è posta anche per il verbale di collaudo e di interconnessione dei beni oggetto dell’agevolazione. Tali documenti sono stati definitivamente esclusi dall’obbligo di apposizione della dicitura 4.0 in quanto, per le caratteristiche che li contraddistinguono, non sono attribuibili a beni diversi da quelli cui il relativo contenuto fa riferimento.

La dicitura in fattura

Altri adempimenti per accedere al beneficio

L’apposizione della corretta dicitura in fattura o la sua successiva integrazione, non è l’unico adempimento previsto dalla normativa per accedere al beneficio fiscale in oggetto.

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Dicitura in fattura